5 condizioni di un processo decisionale di qualità

5 condizioni di un processo decisionale di qualità

Mi è sempre piaciuto prendere decisioni, ed è forse per questo che ho poi indirizzato il mio percorso professionale verso ambiti quali l’imprenditoria e soprattutto il trading, in cui il decision making è probabilmente la componente principale per il successo.

Negli ultimi anni la mia professione da sport trader ha decisamente sorpassato il mio parallelo percorso imprenditoriale, aumentando in modo esponenziale la quantità di decisioni da prendere in minor tempo e con maggiore qualità.

Nella mia veste da imprenditore infatti, le decisioni sono sicuramente molto importanti, ma sono più di ampio respiro. Hanno più tempo per realizzarsi e impattano sul risultato a lungo termine. Ed è sicuramente qui che ho imparato a prendere decisioni sempre di migliore qualità.

Da Sport Trader invece, le decisioni sono quantitativamente in numero maggiore, vanno prese in minor tempo e possono impattare in modo molto importante nel risultato a breve termine.

Qui ho imparato a preparare il campo per un processo decisionale di qualità, identificando nel tempo i fattori condizionanti di un processo decisionale efficiente.

I 5 fattori incisivi nel processo decisionale di qualità

1. Una mente limpida

Il primo presupposto di un processo decisionale di qualità è quello di mantenere la mia mente limpida e libera. 

Con la pratica quotidiana ho infatti sperimentato quanto le migliori decisioni necessitassero di “spazio” mentale: difficile prendere buone decisioni quando la mente è disordinata, offuscata da tanti pensieri accumulati alla rinfusa.

Ho quindi imparato a mettere in ordine la mia mente esattamente come metto in ordine la mia stanza prima di lavorare, o la mia scrivania.

Come? 

Innanzitutto attraverso la meditazione quotidiana (20 minuti ogni mattina dopo colazione), fondamentale per mantenere uno stato di equilibrio e calma.

In secondo luogo cerco di evitare di mantenere troppe decisioni aperte per troppo tempo, privilegiando decisioni rapide e leggere rispetto a processi decisionali elaborati.

Ogni decisione rappresenta un rischio di errore e lo accetto, quello che non accetto è che rimanga nella mia mente in stand by per troppo tempo, sommandosi ad altre decisioni rimaste aperte.

Ovviamente dipende dall’importanza della decisione: meno importante è, e più deve essere veloce e chiusa, accettando un eventuale errore che impatterebbe poco o nulla nei miei risultati. 

In questo modo, solo poche decisioni (quelle davvero importanti) hanno il privilegio di rimanere nella mia testa per avere il giusto spazio e la giusta concentrazione. All’insegna di una mente leggera.

2. Un luogo preciso

Nei miei 20 anni di doppia carriera ho a mano a mano percepito chiaramente che una decisione di qualità non ha bisogno solo di spazio mentale, ma anche del proprio spazio fisico.

Per questo motivo preferisco prendere le decisioni più importanti all’interno del mio ufficio, o della stanza, predisposta a tale scopo.

Un ambiente che spesso organizzo in modo che mi piaccia particolarmente, e che sia silenzioso così da lasciar spazio all’intuizione e alla sensazione, elementi che ritengo fondamentali in un processo decisionale.

Può sembrare strano, ma una decisione di qualità non viene quasi mai valutata da me in modo esclusivamente razionale, mediante ad esempio il più classico elenco dei pro e dei contro (che infatti non utilizzo).

Una decisione di qualità viene presa analizzando certamente i dati a disposizione ma soprattutto ascoltando e valorizzando le mie sensazioni, lasciando quindi spazio sufficiente anche “alla pancia”.

E nel “mio” ambiente preferito la mia pancia funziona sicuramente meglio.

3. Il suo tempo

Viviamo in un mondo frenetico che ci chiede (a torto) di essere sempre sul pezzo, di essere sempre in modalità “live” e nei processi decisionali questo non funziona.

Un processo decisionale non ha bisogno solo del suo spazio ma anche del suo tempo; perlomeno nel mio caso rifuggo alla tendenza di essere sempre all’interno del processo decisionale. 

Certo, qualunque essere umano prende continuamente decisioni in senso lato: scegliere come vestirsi, scegliere cosa mangiare e così via, ma spesso tali decisioni vengono prese attraverso automatismi che richiedono il minor dispiego di energia da parte nostra.

Diversamente ci sono decisioni che non sono affatto automatiche e che richiedono ponderazione, riflessione e intuito, ed è per questa tipologia di decisioni che, per quanto mi riguarda, esiste un timing dedicato, proprio per non rimanere tutto il giorno in modalità decision making.

Solitamente il mio momento migliore all’interno di una giornata è rappresentato dalla seconda parte della mattinata, in alternativa la seconda metà del pomeriggio: momenti in cui il mio livello energetico è al massimo, in considerazione del mio cronotipo e delle mie routine.

4. Defaticamento

Per la natura specifica della mia professione, ci sono periodi o giornate particolarmente dense di decisioni da prendere. Per questo motivo nel tempo ho imparato a quanto fosse importante predisporre momenti di “alleggerimento” alla fine di questi momenti.

In modo molto simile all’attività di un’atleta che, dopo la propria performance imposta routine di defaticamento per il corpo e la mente, così dopo sessioni di decisioni intense è per me importante impostare un’attività di svago che non richieda ulteriori processi decisionali.

Lo stesso vale dopo settimane continuative molto dense, a cui mi piace far seguire una settimana di “vacanza” da processi decisionali strong.

5. Riscaldamento

In modo esattamente complementare al punto precedente, ho sperimentato la grande utilità nell’impostare un percorso di riscaldamento in preparazione a sessioni, o periodi, di intenso processo decisionale.

Cosa intendo per riscaldamento?

Nella mia attività da Sport Trader, significa riprendere a mano a mano confidenza, dopo un periodo di stacco, con il processo decisionale. Magari con sessioni più leggere e con decisioni di minor impatto, che però mi permettono di rientrare nella migliore attitudine e condizione per il successivo periodo.

In piccolo questo succede anche all’interno della singola giornata, dove imposto le mie routine in modo che siano di intensità via via crescente. Questo per prepararmi alla specifica sessione di analisi e di processo decisionale, che, come ho precedentemente descritto, ha solitamente una collocazione temporale e spaziale ben precisa.

In conclusione, migliorare il proprio processo decisionale è una pratica quotidiana. Una prassi in grado di fare la differenza in molte professioni, oltre che nella nostra vita personale.

Per questo credo che sia assolutamente imprescindibile investire il proprio tempo nel ricercare, testare e sperimentare sempre nuove soluzioni per un processo decisionale di qualità.

Trading Sportivo: 10 consigli per chi vuole cominciare

Trading Sportivo: 10 consigli per chi vuole cominciare

Diventare Sport Trader è un percorso lungo e non privo di sacrifici e momenti difficili.

Lo dico perché ci sono passato, e lungi da me dall’esortare una persona a compiere un passo senza aver compreso quale sia il percorso di medio-lungo periodo necessario. Anche il trading sportivo, come molte altre professioni, richiede impegno e dedizione. Non è una strada facile, nessun guadagno senza duro lavoro.

Di seguito 10 consigli che mi sento di esprimere a chi vuole intraprendere questo percorso: difficile e allo stesso tempo estremamente affascinante!

1. Metti il lavoro al primo posto

Per decidere di fare questo lavoro serve sicuramente tanto coraggio ma soprattutto tanta tanta tanta voglia.

La voglia di farcela, la voglia di andare contro il giudizio di tutti, la voglia di mettersi in discussione giorno dopo giorno, la voglia di curare tutti i dettagli, anche quelli apparentemente meno significativi, la voglia di migliorarsi giorno dopo giorno.

E ci saranno giorni dove gli amici, la fidanzata (o la moglie), lo stadio, la cena al ristorante saranno sicuramente più attrattivi e sarà in quel momento in cui la voglia di essere un ottimo professionista farà la differenza.

Sulla strada del professionismo, questo lavoro assumerà una priorità assoluta, e solo chi ha una voglia feroce di arrivare potrà conquistarsi i privilegi del successo.

2. Think Bigger

Prudenza e razionalità possono essere doti sicuramente utili all’interno di una strategia, però questo è un lavoro per grandi sognatori, in cui non si può mai smettere di pensare in grande.

Questo perché la spinta motivazionale al continuo miglioramento, alla correzione dei propri errori, all’ottenimento della miglior performance può arrivare solo da grandi aspirazioni, che diventano via via grandi obiettivi da raggiungere e superare, per poi trasformare un sogno ancora più grande in un nuovo obiettivo. 

Chiaramente il primo sogno di ogni professionista è raggiungere la libertà finanziaria, ma in seguito servono i sogni, perché il fattore economico non basta più. Dopo 22 anni sono ancora qui a cercare di migliorare la stagione precedente e questo in parte lo devo ai miei obiettivi sempre più grandi, sempre più sfidanti.

3. Apri la mente

Già l’idea di percorrere questo tipo di strada è indice di apertura mentale, visto che si sceglie di fatto un percorso anticonvenzionale e non privo di rischi.

E l’apertura mentale è necessaria in tutti gli aspetti del lavoro, dalla preparazione alla performance fino al miglioramento della propria strategia; essere aperti con la mente è particolarmente utile, inoltre, in un mondo in cui tutto cambia velocemente.

Come fare? Leggere, viaggiare, osservare… senza fermarsi al già noto.

4. Pensa con la tua testa

Sviluppare uno spirito critico è fondamentale e l’ho imparato nel tempo proprio grazie a questo lavoro.

Su ogni evento sportivo, ad esempio, si trovano in rete numerose analisi e previsioni, alcune molto interessanti, alcune totalmente sballate, come del resto in qualsiasi ambito dell’informazione. Per quanto mi riguarda, “utilizzo” alcuni siti, selezionati nel tempo in base a criteri di affidabilità e di modalità di lettura degli eventi, sono preziosi.

Ma non dimentico l’importanza del “mio” punto di vista, nel senso che le opinioni altrui sono utili per arricchire le mie valutazioni, ma l’indipendenza nella scelta definitiva rappresenta un imperativo categorico.

Lo stesso accade quando si elabora la propria strategia: ogni professionista ha un metodo coerente con le sue competenze e i suoi obiettivi. Personalmente, ad esempio, ho da sempre scelto un metodo “high stake”, quindi con pochi movimenti ad alto volume, perché non mi piace trascorrere tutta la giornata davanti ad un pc, a differenza di altri professionisti che fanno della quantità dei movimenti il loro punto di forza.

Ognuno ha la sua unicità e ognuno deve difendere la sua!

5. Scegli il giusto ambiente

Il successo di questo lavoro si basa molto sulla capacità di compiere le scelte giuste nel momento giusto e ho capito molto presto che la qualità di un processo decisionale è notevolmente influenzata da fattori esogeni, come l’ambiente in cui si realizza il processo decisionale.

Nel mio caso ambiente significa avere un luogo ben preciso in cui analizzo i dati e compio le mie scelte operative, ovvero un ufficio dedicato, esclusivo (non condiviso con altre persone), silenzioso, in contesto business (nel mondo utilizzo gli uffici Regus ad esempio) e molto luminoso.

Lavorare costantemente in un ufficio condiviso o in una stanza di camera mia, per quanto sia confortevole, non produrrebbe lo stesso livello di performance.

Addirittura per quanto mi riguarda ambiente significa anche scegliere la città in cui vivere, nel momento in cui mi dedico a questa professione.

Il processo decisionale è influenzato anche da come passi il tuo tempo libero o dalla città in cui vivi e non tutte le città mi stimolano allo stesso: Londra, New York e Barcellona sono ad esempio molto più stimolanti rispetto alla città in cui risiedo, Portoroz in Slovenia, che è un incantevole paesino di mare, ma più adatto al riposo e alle vacanze che al lavoro performante.

6. Cura il tuo corpo

Il processo decisionale è influenzato anche dal mantenimento di un buon equilibrio psicofisico. Ognuno ha la sua unicità anche da questo punto di vista e dovrà quindi organizzarsi in base alle proprie caratteristiche individuali.

Particolare attenzione va dedicata all’alimentazione e al movimento.

Per quanto mi riguarda, un’alimentazione proteica fornisce la giusta energia ed è nel mio caso molto più funzionale a un eccesso di carboidrati e zuccheri che, a causa del conseguente picco glicemico, tendono ad appesantire e a togliermi la corretta lucidità.

Camminare all’aria aperta è invece l’attività che prediligo per ossigenare il mio cervello, sia prima di iniziare a lavorare oppure dopo la chiusura dell’evento per metabolizzare il risultato, distaccarmi dal fattore emotivo e prepararmi a una successiva analisi a freddo del mio operato.

7. Procedi step by step

Pensare in grande non vuol dire bruciare le tappe: il percorso è lungo, pieno di passaggi intermedi e di obiettivi da conquistare passo dopo passo.

Una piccola conquista ogni giorno aiuta a edificare una base solida sulla quale costruire poi la crescita del progetto.

A tal fine ho l’abitudine di dividere i miei obiettivi in tanti piccoli sotto obiettivi che rappresentano le mie “milestone”, ossia dei traguardi intermedi come spiegato nel relativo paragrafo.

E così il mio sogno si divide su più “stagioni”.

La mia stagione si divide in “prima parte” e “seconda parte”.

Ciascuna metà si divide in “mesi”.

Ogni mese è costituito dai “week” e dai “midweek” e ciascuno di questi mini periodi è costituito dalle giornate singole.

E così, impegnandomi a fare il meglio quotidianamente, raggiungo il risultato di un midweek positivo, per poi preparare il weekend successivo, concentrandomi sulle singole giornate (sabato e domenica).

Con il passare dei giorni ottengo il risultato del mese, più mesi fanno il quadrimestre, due quadrimestri fanno la stagione, più stagioni mi avvicinano al mio grande obiettivo.

Passo dopo passo, giorno dopo giorno.

8. Scegli la tua routine

Come scritto in precedenza sono tanti i fattori che incidono nel processo decisionale, e quindi nelle performance.

Costruire le proprie routine aiuta a mantenere questi fattori collegati a un unico processo e a ottimizzare le proprie prestazioni.

Ad esempio, io ho ogni giorno una serie di attività da compiere, alcune legate alla mia attività di Sport Trading, altre relative alla mia vita privata o alle mie attività imprenditoriali.

Negli ultimi anni ho trovato un significativo miglioramento nelle mie prestazioni posizionando lo studio degli eventi quotidiani nell’ambito del trading sportivo come prima attività al mattino, appena arrivo in ufficio dopo la solita passeggiata e il solito caffè preso al solito bar.

L’ordine cronologico delle proprie attività è molto importante e generalmente la prima attività del mattino viene svolta con maggiore qualità, ragion per cui ho deciso di posizionare l’attività di analisi e selezione di nuovi eventi in quella posizione.

Allo stesso modo ho trovato giovamento nel posizionare al venerdì mattina lo studio per la preparazione del weekend, che normalmente è molto denso di eventi legati alla contemporaneità dei principali campionati europei.

La ricerca del proprio processo, per prove ed errori, per individuare le migliori condizioni per il miglior rendimento, è essa stessa una questione di routine.

9. Pianifica

Il successo passa necessariamente attraverso un’attenta pianificazione individuale e professionale.

La strategia definisce quali eventi seguire, su quali investire e di quale tipo: in base a questo bisogna organizzare il proprio lavoro e il proprio tempo libero.

Una carenza di pianificazione, ad esempio, mi ha portato a programmare una vacanza in Florida con amici in un momento cruciale della mia stagione, mettendo in seria difficoltà il livello del mio rendimento che è stato scombinato da routine diverse, connessioni improvvisate e un goliardico clima vacanziero che giustamente era di ostacolo per chi come me aveva bisogno di concentrazione.

La vacanza è stata fantastica perché alla fine, conscio dell’errore di programmazione, ho preferito mettere uno stop al lavoro ed evitare così il rischio di rovinare sia il rendimento del periodo che l’intera vacanza.

Da quel momento ogni mia stagione è stata pianificata in modo meticoloso: conosco i periodi di picco e di calo da distribuire tra professione, recupero e tempo libero, e nei momenti di picco so già dove vivrò e come organizzerò le mie giornate.

Nulla lasciato al caso.

10. Pensa ai numeri, non ai soldi

Chiunque intraprenda un percorso imprenditoriale deve necessariamente rivedere il proprio rapporto con il denaro: i numeri che appartengono all’ambito aziendale non solo sono molto diversi rispetto a quelli relativi alla sfera individuale, ma sono anche completamente differenti per contenuto, significato e dimensione.

Il Trading Sportivo non fa eccezione e la possibilità di creare un metodo proficuo in questo settore dipende molto dalla capacità di vedere i numeri come tali, dissociandosi dalle tipiche ansie ed emozioni che invece sono tipiche dei rapporti individuali con il denaro. Azienda e sport trading per me sono la stessa cosa da questo punto di vista e di certo la mia esperienza imprenditoriale mi ha aiutato molto.

Fino a quando il denaro è impiegato e investito nel modello di business, qualunque esso sia, per quanto mi riguarda smette di essere denaro, con il suo significato convenzionale, per tradursi in numeri, che con la loro fredda oggettività diventano espressione di tendenze, trend, statistiche e indicatori di performance.

Quando poi i numeri escono dal modello di business, come utile in un’azienda o come rendita nel caso di un Trader, una volta rientrati nella disposizione individuale, allora tornano ad assumere il loro significato di denaro, con il relativo potenziale d’acquisto e la conseguente correlazione emozionale. 

Questo è il principale accorgimento che mi permette di ragionare su ordini di grandezza differenti (molto più grandi all’interno del modello di business) senza appesantire il mio carico psicologico ed emozionale.

Avversione alla perdita e Sport Trading

Avversione alla perdita e Sport Trading

L’avversione alla perdita è la tipologia di paura che incide maggiormente nelle decisioni quotidiane di uno Sport Trader.

Questa paura è conosciuta già da molto tempo, teorizzata nel 1979 dal premio Nobel Daniel Kahneman e da Amos Tversky, professore di psicologia a Stanford. In un articolo intitolato “Prospect Theory: An Analysis of Decision under Risk” (“Teoria del Prospetto: un’analisi della decisione in presenza di rischio”), viene spiegato che l’impatto di una perdita ha un peso emotivo sul giocatore molto più alto rispetto all’emozione per una vincita.

D’altronde questo tipo di sensazione è anche abbastanza comune anche per chi per lavoro prende una molteplice quantità di decisioni: un errore o una decisione sbagliata pesa molto di più di una corretta.

Viviamo in una società che porta ad aver paura di sbagliare e a condannare l’errore, provocando un eccesso di frustrazione, senso di colpa e vergogna in chi commette uno sbaglio. Sbagliare molto più spesso viene percepito come “fallire” ed è per questo che l’errore viene spesso condannato, in primo luogo da chi lo commette.

Fortunatamente il mio percorso di apprendimento ha avuto come punto di riferimento, in tema di mindset e crescita, la mentalità americana più di che quella europea, riscontrando una differenza enorme di metodologia e cultura nell’approccio agli errori: oltreoceano infatti si apprende per “prove ed errori” e l’errore non solo non è discriminato ma è considerato necessario per l’apprendimento e per raggiungere l’obiettivo.

Nel mio percorso verso il professionismo ho dovuto fare i conti con questo prezioso insegnamento e ho costruito un rapporto tutto nuovo con gli errori e con le inevitabili perdite che ne conseguono.

Sbagliando si impara

La saggezza popolare insegna, ma non è sempre facile adeguarsi.

Dopo diversi anni di professionismo specificherei che è solo quando finisci di avere paura di perdere che inizi davvero a vincere.

In che modo ho affrontato l’avversione alla perdita? 

Come consiglia Igor Sibaldi: diventando più grande della paura attraverso la conoscenza.

Per prima cosa ho cominciato a distinguere due tipologie di errori:

  1. quelli determinati da me (valutazione sbagliata / errore tecnico)
  2. quelli non attribuibili direttamente a me (quindi legato al concetto di varianza)

Per affrontare quelli relativi alla prima categoria, ossia imputabili a una mia errata valutazione o a un movimento tecnico sbagliato, ho lavorato su 3 differenti aspetti: approccio razionale, psicologico e pratico.

Approccio razionale: l’analisi degli Errori

Ho iniziato nel 2011 a raccogliere ogni mio singolo movimento all’interno di un database, integrandolo nell’ultimo anno con descrizioni qualitative e quantitative. In questo modo posso individuare gli errori tecnici più comuni, raccoglierli in categorie, identificarne i pattern e trovare strategie mirate per limitarli.

L’errore tecnico in valore percentuale su 100 movimenti è diminuito significativamente, quindi, attraverso un lavoro razionale volto a codificarlo.

Ad esempio ho scoperto che una specifica categoria di errore ripetitivo era dovuta a movimenti eseguiti a livello temporale a poca distanza dall’inizio dell’evento. 

Sono riuscito a ridurre in modo considerevole questa categoria di errori (che chiamo “errore Last Minute”) attraverso la programmazione di una routine mattutina che mi portasse a scegliere i movimenti quotidiani in una porzione di giornata molto distante dall’inizio dell’evento (solitamente serale). In questo modo lascio il tempo al mio intuito e alla mia mente di ponderare le scelte con tempistiche più adeguate.

Approccio psicologico: il mio giudice Interiore

Ho cercato di indebolire il potere del mio severo giudice interiore. Sono infatti sempre stato diviso tra la razionalità e la naturale tendenza ad essere giudice inflessibile di me stesso.

Razionalmente so che sbagliare fa parte del processo (e d’altronde se un win rate del 70% mi porta al successo significa che su 10 movimenti 3 sono comunque sbagliati), l’ho capito, ma allo stesso tempo voglio essere perfetto e infallibile.

Nel mio caso la colpa del mio atteggiamento è sua, del mio giudice interiore.

Di quella vocina dentro di me che scruta, analizza, valuta, decide l’obiettivo e impone di raggiungerlo.

A volte è stimolante perché permette di alzare l’asticella, ma quando la alza troppo diventa controproducente. È questione di equilibrio.

Sono sempre stato abituato a voler vincere: ad essere il primo della classe, nello sport o in qualunque competizione, anche ludica, con gli amici.

Ma ho capito, con il tempo, che nessuno ci impone di essere perfetti, se non qualcosa dentro noi stessi con cui dobbiamo fare i conti.

Nessuno è perfetto, io non lo sono e non lo voglio essere.

Sbaglio, a volte anche tanto, ma ho una grande qualità: quando sbaglio imparo.

Quando ho dialogato in modo così chiaro e deciso al mio giudice interiore è immediatamente cambiato il mio rapporto con lui, con la perdita, e giocoforza anche le mie prestazioni sono migliorate.

Avere la consapevolezza di poter non essere perfetto rende sereni, e la serenità accende facoltà intuitive che sotto pressione si spengono.

Approccio pratico: No Play

Ho creato una semplice regola che mi ricorda semplicemente di non sottovalutare nessun movimento, anche se poco consistente dal punto di vista economico.

Fino a qualche tempo fa ogni tanto mi concedevo qualche piccolo movimento che chiamavo “defaticante”. In pratica nei periodi lunghi carichi di tensione o particolarmente densi di attività mi piaceva “buttare” qualche movimento con valore economico simbolico a scopo ludico.

Praticamente ogni tanto giocavo. Poco ma giocavo.

Economicamente nulla di male, i movimenti erano davvero di poco conto rispetto alle mie politiche di money management, ma qualcosa a livello psicologico non funzionava.

La parte destra del nostro cervello, quella che vive le emozioni, non è razionale e non distingue tra movimenti economicamente poco rilevanti e movimenti cospicui.

Perdere è perdere e sbagliare è sbagliare.

Quando ho capito questa semplice dinamica ho deciso di preservare l’equilibrio psicologico legato ai movimenti professionali semplicemente “defaticandomi” all’esterno del lavoro, con una passeggiata, una nuotata o qualsiasi altra attività non connessa allo Sport Trading.

In conclusione, per operare al meglio come Sport Trader, accettare e gestire la possibilità di errore è importantissimo. Ne beneficiano i percorsi decisionali e l’approccio alla professione.

E, una volta appreso come fare, si può traslare questa capacità anche nella vita privata. Un beneficio non da poco.

Perché ho scelto di diventare Sport Trader

Perché ho scelto di diventare Sport Trader

Essere uno Sport Trader a volte è stato faticoso per me.

I rischi, le pressioni, la solitudine, gli errori, il processo di apprendimento … tutto stimolante ma allo stesso tempo impegnativo. 

Tuttavia è un lavoro che ho scelto di fare con piena consapevolezza, e attraverso il quale ho raggiunto obiettivi importanti, come la libertà personale e il benessere finanziario.

Inoltre lo Sport Trading è anche una attività che mi connette quotidianamente ad una grande passione, il vero motore di questo mio lungo percorso.

Le origini del mio essere sport trader

Tutto è iniziato quando avevo 5 anni. In modo semplice, vicino a casa.

Era un tardo pomeriggio di settembre, era già buio. Ricordo una lunga corsa, il pallone attaccato al piede, un campo di calcio che non finiva mai, un tiro in porta e, piano piano, il goal.

Probabilmente è stata quella la prima volta in cui ho provato l’emozione di vedere un pallone entrare in rete. 

L’emozione di segnare un goal è difficile da spiegare a chi non l’ha mai provata. Un momento denso di sensazioni a livello personale, il raggiungimento di un obiettivo per il gruppo.

In quel momento tutti festeggiano: chi segna, i compagni, i tifosi. Un momento stupendo che ho vissuto ancora negli anni a seguire, nel mio percorso sportivo dilettantistico da bambino e poi da adolescente, rigorosamente con il numero 9.

Ed è un’emozione che, nel senso stretto di quel tipo di esperienza, mi manca moltissimo, da più di 20 anni. 

Lo Sport Trading come campo di allenamento quotidiano

Chissà, forse anche per sopperire, e in qualche modo rispondere, a quel tipo di mancanza, ho iniziato questo percorso professionale.

Perché alla fine, ci sono tanti modi per “gonfiare” una rete. Anche senza scendere in campo.

La mia professione di Sport Trader nasce da una profonda passione e dall’inguaribile voglia di raggiungere dei risultati, per me stesso e per gli altri.

Ed è incredibile osservare come, anche nel mio lungo percorso di sperimentazione finalizzato alla ricerca di una strategia vincente, io abbia inserito, inizialmente a livello inconscio, un collegamento diretto con la mia passione iniziale.

Passione e libertà

Passione e totale libertà, sia essa geografica, finanziaria o etica, sono i presupposti principali che, nel tempo, hanno reso lo Sport Trading il mio principale lavoro.

Il settore dello Sport Trading, dal punto di vista economico e finanziario, è un ambito enorme, estremamente liquido e in notevole crescita.

E da sempre, da quando ho iniziato questa avventura, lo Sport Trading rappresenta la fonte di finanziamento delle mie aziende.

Credo fermamente che per avere successo nel Trading, come in qualsiasi altro lavoro, sia importante avere scopi e finalità. Nel mio caso la passione e la ricerca di un ritorno finanziario spendibile anche per il sostegno delle mie aziende.

Ma non basta. Almeno non per me.

Mi occorreva, e occorre ancora, una finalità più grande come motivazione essenziale per continuare a migliorare me stesso, la mia preparazione e le mie performance.

E lo Sport Trading è diventato quindi una sorta di campo di allenamento per la mia crescita professionale. Un campo concreto in cui investire tempo, energia e denaro per segnare importanti ‘goal’.

Ecco allora che il percorso per diventare uno Sport Trader professionista mi ha portato a migliorare notevolmente. Da quale punto di vista?

Prima di tutto per quanto riguarda il Mindset e la capacità di affrontare e gestire processi decisionali delicati. 

Poi per la preparazione psicofisica, da coltivare giorno dopo giorno, anno dopo anno.

E infine per la capacità di mettere a disposizione di tutti gli altri ambiti personali e professionali i miglioramenti conseguiti e i traguardi raggiunti.

Sport Trading: molto più che una professione

In conclusione, posso dire che per me, lo Sport Trading è molto più di una professione.

È la realizzazione di una passione profonda, è la sfida quotidiana di migliorare se stessi, è l’emozione di segnare il mio ‘goal’ nel mercato del business.

Questo percorso non solo mi ha regalato la libertà personale e finanziaria, ma ha rappresentato e rappresenta tuttora il campo di allenamento che plasma il mio mindset, la mia preparazione psicofisica e il modo in cui affronto ogni decisione.

Lo Sport Trading, per me, è il connubio perfetto tra passione e libertà, e continua a essere il motore della mia crescita personale e professionale, un’esperienza che ho scelto con consapevolezza e che mi ha portato a raggiungere obiettivi importanti nel mondo del trading e nel business.

Trader Professionisti: l’importanza dei punti di riferimento

Trader Professionisti: l’importanza dei punti di riferimento

Il percorso che porta al professionismo è lungo, impegnativo e ricco di ostacoli.

Uno degli ostacoli maggiori, ma sorprendentemente poco considerato, è l’equilibrio psicologico e mentale del Trader. L’equilibrio si acquisisce con il tempo e con l’esperienza, e prevede un percorso di crescita individuale che sarebbe meglio non affrontare da soli.

Occorrono dei punti di riferimento da prendere a modello e supporto, in particolare nelle prime fasi di avvio dell’attività, ma anche nel successivo periodo di consolidamento. 

Quando ho iniziato io, non esistevano modelli chiari a cui riferirsi in ambito Sport Trading e di conseguenza raggiungere un adeguato standard di crescita professionale non era semplice.

Non era semplice nella misura in cui si doveva pensare a tutto da soli, sia al percorso professionale sia alla crescita interiore. E qualcosa si perdeva inevitabilmente. In genere si perdeva dal punto di vista dell’arricchimento psicologico, con la conseguenza che poi il carico di stress andava comunque a intervenire sul raggiungimento dei risultati.

Ad oggi la situazione è migliorata solo in parte e la finalità di questo blog è proprio colmare il gap di cui ho sofferto in prima persona. L’assenza assoluta di modelli di riferimento confinava il mio progetto nell’ambito ristretto del folle sogno di un ragazzino. Senza possibilità di “difendermi” vedendo i risultati, e soprattutto i percorsi, di altri prima di me.

Purtroppo in Italia siamo ancora all’età della pietra, in un contesto sociale dove la maggioranza delle persone considera ancora il supporto psicologico un tabù (però poi si fidano dei medici di base). 

Negli ultimi anni tuttavia le possibilità di trovare Life Coach / Mental Coach preparati sono aumentate in modo esponenziale, anche grazie all’aumento dei trattati sulla materia proveniente dagli Stati Uniti.

La mia esperienza

Personalmente ho iniziato nel 2018, quando stavo cercando un supporto legato alle mie attività imprenditoriali in materia di Public Speaking.

In quell’occasione, grazie a una ricerca on line, ho trovato due ragazze molto preparate (www.changel.it) che sono diventate poi un punto di riferimento utile per supportare la mia crescita personale.

Ad esempio, per la mia attività di Sport Trader è stato molto importante impostare delle routine finalizzate ad aumentare il mio livello di concentrazione; oppure il lavoro specifico finalizzato alla gestione delle emozioni e del carico di stress.

Da allora il loro supporto per me è fondamentale e lo utilizzo regolarmente a cadenza periodica. Nel corso dell’anno si individuano le tematiche più sentite e si imposta un percorso di lavoro finalizzato alla ricerca dell’equilibrio interiore, che è importantissimo per ogni tipo di lavoro.

Anche in questo progetto comunicativo legato allo Sport Trading c’è indirettamente il loro contributo (e ne sono riconoscente) grazie al lavoro specifico portato avanti nell’ultimo anno, un lavoro che mi ha dato convinzione e coraggio nell’andare oltre i potenziali giudizi esterni e dare voce a questo progetto.

Le opportunità per i Trader di oggi

Al momento, grazie all’importante sviluppo digitale degli ultimi anni è possibile trovare questo tipo di supporto sul territorio nazionale e anche mondiale se si padroneggia bene l’inglese. A tal proposito, va sottolineato che il mercato USA è sempre all’avanguardia su queste tematiche.

Da non molto, a seguito delle lettura di un libro incredibile,  (Il Buddha e Lo Sfrontato di Vishen Lakhiani) ho conosciuto la piattaforma Mindvalley (www.mindvalley.com) di cui Vishen Lakhiani è il Founder.

Questa piattaforma rappresenta un irrinunciabile supporto formativo nel campo del benessere psicofisico in qualunque tipologia di contesto.

Come detto, le soluzioni sono molteplici e le scelte di un supporto piuttosto che di un altro sono sicuramente legate alle inclinazioni individuali.

L’importante, a mio avviso, è non avere la percezione di affrontare questo percorso da soli. Da soli è più complicato e faticoso.

Sarebbe utile che un giorno anche il mondo dello Sport Trading potesse avere le proprie Community e i propri Specialisti.

In questo modo si potrebbe offrire supporto a quei pazzi (ma innamorati) che vogliono cimentarsi in questo tipo di attività a livello professionistico.