da Davide Renna | Mag 30, 2024 | Mindset
Conosco bene la paura del fallimento, perché conosco bene anche il fallimento, e le sue perverse implicazioni psicologiche.
Era il 2008 e vedevo morire il mio primo progetto imprenditoriale, iniziato in pompa magna soltanto 2 anni prima.
Tecnicamente non è stato proprio un fallimento, bensì la messa in liquidazione volontaria di una società di capitali che aveva avuto un grosso problema finanziario dovuto a cause esterne. Quindi il sottoscritto non aveva neanche una responsabilità diretta.
Nonostante questo l’ho vissuto ai tempi come il peggiore dei fallimenti e ancora adesso conservo vivide nella mia memoria le sensazioni di quegli anni.
Il contesto sociale di provenienza che ti condiziona
A mio avviso il problema legato alla paura del fallimento è prima di tutto educativo, culturale e legato al contesto sociale di provenienza. In Italia se ti va male un’azienda sei bollato a vita, non sei degno nemmeno di avere in concessione un bancomat per la gestione ordinaria delle tue finanze. Insomma sei finito, o questo è quello che vogliono farti credere.
E poi ci sono le aspettative di chi ti circonda, di chi credeva che fossi infallibile, di chi sperava che non ce l’avresti fatta, di chi non ti guarda più con gli stessi occhi di prima.
Tutto normale in una cultura permeata dai fondamenti della religione cristiana, basata sul perenne senso di colpa e sudditanza rispetto a chi c’è sopra.
Devo dire che per un ragazzo di 27 anni, nato in Italia con origini popolari, è stata davvero dura e mi sono portato dietro i dettami di questo clima soffocante per tanto tempo.
Se fossi nato (o anche solo cresciuto/vissuto) negli Stati Uniti sarebbe stato molto diverso, poiché nel loro contesto sociale e imprenditoriale il fallimento è considerato un prerequisito fondamentale per il successo.
Oltreoceano il fallimento rappresenta una concreta occasione di apprendimento e se non hai fallito almeno una volta non puoi avere successo.
Oggi a distanza di 15 anni posso confermare tutto questo: gestisco 3 aziende, ho tanto tempo libero, posso scegliere liberamente dove vivere e soprattutto ho realizzato il mio sogno. Sono diventato un professionista in questa favolosa attività, lo Sport Trading, che rappresenta la mia passione ma anche la mia libertà, in tutto e per tutto.
Per superare tutto questo però è stato necessario allontanarmi da dove sono cresciuto, dal luogo del (presunto) delitto, dedicarmi alla crescita personale, lavorare su me stesso e arricchire i miei orizzonti di altri mondi e altri modi di pensare.
Il fallimento come opportunità di crescita
Il fallimento è parte del processo di crescita e, salvo casi rarissimi, è inevitabile per chi prova a non accontentarsi, a crescere uscendo dalla propria area di comfort. E quello che impari reagendo ad un’esperienza di questo tipo non lo trovi su nessun libro.
Thomas Edison diceva: “Non ho fallito. Ho solamente provato 10.000 metodi che non hanno funzionato”.
E questa frase la dice lunga sulla differenza tra l’approccio americano e quello europeo.
Secondo il mio parere il concetto di fallimento tocca una leva differente, e ancora più profonda rispetto al rapporto con gli errori. Una leva che sentivo bruciare negli sguardi altrui cambiati o nelle offerte compassionevoli di supporto, con annessa soddisfazione per il mio dissesto finanziario.
Riguarda il rapporto con te stesso, e con la definizione di quello che sei.
Etichette sociali e fallimento
Viviamo in un mondo abituato ad affibbiare delle etichette, a partire dal proprio nome e dal proprio cognome, fino alla professione e al ruolo sociale.
Io sono Davide.
Io sono Renna.
Io sono Imprenditore.
Io sono Figlio.
Io sono Marito.
Io sono Fallito.
Semplici etichette. Ma io non sono niente di tutto questo.
Il mio nome non mi rappresenta, non l’ho scelto io. È un bel nome, ma è comune a molti con cui non ho niente a che fare. È qualcosa che possiedo, non qualcosa che sono.
Il mio cognome men che meno, perché a differenza del nome, mi piace ancora meno. Quanta importanza è stata data in passato al cognome, importanza esagerata perché la storia insegna che i legami di sangue vogliono dire poco o niente. Sicuramente non ho in comune nulla con gli altri Renna, anche qui il cognome è qualcosa che possiedo, non qualcosa che sono.
Io sono un Imprenditore? Quindi non posso essere un Trader? Oppure uno Scrittore?
Non è vero. L’attività imprenditoriale è qualcosa che faccio, così come faccio tante altre cose, non qualcosa che sono.
Io sono un Figlio e Marito? Oddio, se mia madre leggesse queste righe sarei direttamente responsabile del suo innalzamento di pressione.
Mi spiace ma anche in questo caso rifiuto di farmi etichettare. Si tratta di due ruoli che amo fare ma che non rappresentano in modo irrevocabile quello che sono. Non certo per diritto acquisito dal fatto che sono nato da una mamma o ho deciso di sposarmi, ma solo dal piacere che provo nell’avere quel determinato ruolo.
Fallimento e percezione di sé
E veniamo quindi al Fallimento e alla paura del fallimento.
Come potrei mai sentirmi un “fallito”, quando non mi sento un Davide, un Renna, un Imprenditore, un Figlio o un Marito?
Il Fallimento è un’esperienza che fai, dura ma preziosa, ma che non segna quello che sei. Siamo molto più di crude etichette sociali.
E a maggior ragione non siamo il nostro passato. Il passato non ci determina se non lo vogliamo, possiamo cambiare strada quando e come vogliamo. Il futuro è determinato dai nostri desideri, non certo da quello che abbiamo fatto (e che non siamo).
Questo è il più grande insegnamento di questi ultimi 15 anni in cui ho dovuto fare i conti con una delle esperienze più forti della mia vita.
Per questo motivo oggi mi approccio a qualsiasi attività che inizio con la serenità di chi sa che fallire è un’eventualità, esattamente come avere successo. E nel caso mi farà capire come fare meglio la volta successiva.
E in ogni caso non intaccherà la visione e la percezione di chi sono.
A proposito, ma se non sono tutte quelle etichette, alla fine chi sono?
Io sarò quello che sarò, diceva qualcuno.
Davide Renna è un imprenditore ed esperto di trading sportivo, dedicato a promuovere la crescita finanziaria e l’innovazione.
da Davide Renna | Mag 16, 2024 | Crescita Personale
Scegliere dove vivere è un tema a mio avviso sottovalutato ma molto importante. Spesso si vive in un posto non per una scelta consapevole bensì per abitudine o casualità.
Tuttavia, alla luce della mia esperienza, e considerando la volontà di sviluppare un mindset da Sport Trader, ritengo questa scelta assolutamente fondamentale.
Oggi siamo senz’altro più fortunati rispetto a 20 anni fa, poiché molti lavori si possono svolgere da remoto e lo sviluppo dei mezzi di comunicazione ha permesso di annullare le distanze in svariate situazioni.
Ciò nonostante, spesso continuiamo a considerare la scelta del luogo in cui vivere come irrevocabile e a tempo indeterminato.
Ma se professionalmente ho la fortuna (o la bravura) di potermi muovere dove preferisco, perché scegliere un solo posto in cui vivere?
Dalla Brianza alla Slovenia
Il mio primo grande trasferimento è avvenuto nel 2014, quando dalla Brianza mi sono “spostato” in Slovenia per permettere lo sviluppo, legale e senza ostacoli, della mia professione di Sport Trader.
In Italia infatti le piattaforme professionali internazionali legate al mondo dello Sport Trading, erano e sono probabilmente tuttora bloccate, rendendone di fatto l’utilizzo “illecito” (anche se a dire il vero la legislazione è molto confusa in tal senso).
Proprio per questo mi sono trasferito in Slovenia, un Paese molto più liberale da questo punto di vista. Nel frattempo ho iniziato a svolgere da remoto anche le altre mie attività imprenditoriali e manageriali.
In un certo senso sono stato un precursore in tempi non sospetti, ben prima della pandemia, del lavoro da remoto.
Forse inizialmente sono stato costretto dalla mia scelta di trasferirmi, ma ho ben presto sperimentato il valore della libertà. La libertà di spostarmi con il mio Macbook ovunque nel mondo potessi trovare le condizioni migliori per la mia crescita personale e professionale.
Inizialmente la Slovenia era perfetta per un imprenditore milanese, in fuga dallo stress metropolitano e desideroso di crearsi un luogo dove coltivare la propria passione.
Però quando lo stress finisce e si fa strada il bisogno di nuovi stimoli, nasce la consapevolezza che il rendimento, in questo ambito, è strettamente legato agli stimoli offerti dall’ambiente in cui si vive.
I viaggi e la ricerca di nuovi stimoli
Negli anni successivi ho cominciato quindi a girovagare, affittando appartamenti in diverse città per brevi periodi (uno o due mesi al massimo). Il tutto durante le mie stagioni da Sport Trader, per poi tornare in Slovenia (dove ancora vivo e risiedo) per i periodi di pausa, e per il periodo estivo.
Ed è curioso osservare a ritroso le mie statistiche, notando che il massimo del rendimento negli ultimi 3 anni l’ho ottenuto nei miei soggiorni prolungati a New York e Londra (città per me molto stimolanti) e nel mio piccolo tour del Canada (Toronto/Montreal/Quebec City), estasiato dallo stimolo della scoperta che solo viaggiare ti sa dare.
Ho osservato inoltre che le mie migliori performance sono state conseguite durante i soggiorni più lunghi, a dispetto di performance sotto la media nei periodi in cui cambiavo settimanalmente città di riferimento.
Il significato di questo riscontro credo sia da collegare all’esigenza di costruire delle routine. La città in cui vivo infatti non deve solo stimolarmi (e lo stimolo quindi può cambiare di volta in volta) ma anche permettermi di ottenere una “stabilità” tale da consentire la creazione di una struttura organizzativa di tutto quello che gira intorno alla performance e che incide tantissimo sul mio rendimento: alimentazione, sonno, passeggiate, tempo libero, lettura e svago.
Per questo motivo la scelta della città in cui vivere è determinante per la produttività di uno Sport Trader.
Ad esempio, in occasione dei Mondiali di calcio che si sono svolti in Qatar a Novembre del 2022, ho deciso di rimanere a casa in Slovenia. Allo stesso tempo non ho perso di vista la necessità di individuare il luogo migliore in cui vivere nel primo trimestre dell’anno successivo.
Dove andare per avere nuovi stimoli da cui trarre obiettivi di crescita personale e professionale?
Tra Londra, Barcellona, Canarie, California e la sempre magica New York, ho scelto alla fine Londra. La stessa scelta che ho ripetuto a gennaio di quest’anno, per passare poi a Dubai tra febbraio e marzo, in concomitanza con il bellissimo Tennis ATP 500 e WTA 1000 arrivato alla sua 31° edizione.
Lì ho intrapreso ancora una volta il fondamentale processo di costruzione di nuove abitudini, da arricchire di volta in volta con tutto quello che poteva farmi rendere al meglio.
Obiettivo raggiunto!
Davide Renna è un imprenditore ed esperto di trading sportivo, dedicato a promuovere la crescita finanziaria e l’innovazione.
da Davide Renna | Mag 2, 2024 | Mindset
Come ho affrontato le mie paure nell’ambito dello Sport Trading? Il viaggio che mi ha portato verso il professionismo è stato un percorso lungo, tortuoso ma al tempo stesso piacevole di miglioramento personale.
Se ci pensiamo, è infatti impossibile scindere individuo e professione, e se è vero per qualsiasi attività lavorativa, lo è ancor più per le discipline come quelle dello Sport Trading che prevedono performance individuali e non di gruppo.
Quando lavori da solo puoi contare solo su te stesso e ogni piccolo miglioramento nel tuo equilibrio personale si ripercuote in modo diretto sulla performance professionale.
Per quanto mi riguarda, lavorare sui miei punti deboli è stato decisivo per la crescita delle mie prestazioni.
Limitare i difetti, per ottenere più successo
Sono fermamente convinto che limitare i propri difetti sia molto più importante che potenziare i propri talenti.
Il ragionamento che sta alla base è molto semplice: devo portare in equilibrio i difetti e i pregi, così da arrivare sostanzialmente a un pareggio.
L’ideale sarebbe anche andare oltre e limitare il più possibile i difetti e le cose che so fare male, per portarle ad un livello neutro in cui non hanno più valore e importanza.
In questo modo i pregi, le potenzialità e le cose che so fare bene diventano il mio valore aggiunto.
Proprio per questo ho sempre avuto una piccola ossessione: limitare i miei punti deboli prima di potenziare i punti di forza.
I punti deboli possono essere legati al mindset (paure, convinzioni limitanti, “bias cognitivi”) o avere natura tecnico-strategica.
Nel mio percorso verso l’ottimizzazione del metodo ho dedicato attenzione a entrambi gli aspetti, anche se ovviamente quelli legati al mindset hanno avuto un peso differente.
Per prima cosa mi sono occupato della gestione della paura, e ancora ci sto lavorando.
Le paure sono più diffuse di quanto non si pensi. Tutti ne abbiamo, di manifeste o inconsapevoli, a volte subdole. Ma è importante capire quanto sia grande il loro impatto sulle prestazioni lavorative e sull’approccio mentale.
Che cos’è una paura?
Tra le numerose definizioni di paura, quella che mi è stata più utile è stata la versione di Jared Tendler nel “Mental Game del Poker”. Qui la paura viene definita come un accumulo di ansia derivante da un’incertezza, ovvero da domande a cui non abbiamo ancora dato risposta.
Questa descrizione semplice e immediata relativa all’emozione della paura mi ha stimolato a cercare le domande non risposte che potevano essere alla base delle mie paure.
Ho subito capito che la capacità di porsi delle domande è sempre indice di una forza interiore incredibile.
Da lì passare all’azione è stato facile e naturale: ho iniziato a pormi delle domande, a scriverle, anche a lasciarle anche senza risposta.
Poi ho aspettato che le risposte prendessero forma, in modo più o meno consapevole.
Questo è stato un passo molto importante per la mia crescita personale e professionale, e ha portato alla risoluzione delle mie paure più grandi.
Questo percorso ha poi avuto un’accelerazione importante quando ho conosciuto il pensiero di Igor Sibaldi e la sua visione, che ha contribuito a far crescere in me la consapevolezza e la determinazione.
D’altronde chi si impegna in un lavoro non codificato, spesso discriminato dall’opinione pubblica, povero di certezze ma carico di rischi, o è un pazzo oppure è destinato a vedere il mondo in modo diverso rispetto alla maggior parte dei suoi contemporanei.
“L’antidoto della paura non è il coraggio”, afferma Igor Sibaldi, perché quando arriva il coraggio nella tua mente la paura ti ha già condizionato e quindi ha già vinto. Il coraggio è una reazione alla paura.
“La paura va anticipata e si sconfigge cambiando completamente la situazione in cui ti trovi, la paura si sconfigge attraverso il desiderio di conoscenza di qualcos’altro, attraverso il cambiamento radicale della tua personalità. Non si tratta solo di affrontare la paura, si tratta di essere più grandi della propria paura, e questo si può ottenere solamente crescendo al di là delle proprie possibilità.
Come si fa? Facendosi domande, le più profonde, le più autentiche.
Il desiderio di conoscenza è il vero nemico della paura e il suo antidoto”.
Questo punto di vista è stato per me fondamentale e stimolante per iniziare ad affrontare le mie principali paure nello Sport Trading, consapevole che comprendendole, limitandole e superandole avrei dato una svolta incredibile alle mie performance da Sport Trader.
Davide Renna è un imprenditore ed esperto di trading sportivo, dedicato a promuovere la crescita finanziaria e l’innovazione.
da Davide Renna | Feb 8, 2024 | Crescita Personale
Ho sempre avuto un problema: la mia eterna fretta.
Nella vita ho inseguito la velocità sempre e comunque. Nel privato e nella professione.
Velocità nel prendere una decisione, nell’acquistare un bene o un servizio, nel prepararmi al mattino. Velocità a tutti i costi.
Qualcosa tuttavia è cambiato, forse a causa delle volte in cui ho preso una decisione corretta, ho cambiato rotta al primo segnale negativo e ho poi scoperto che avevo ragione all’inizio.
Oppure perché ho passato i 40 e ho capito che il correre veloce ti porterebbe altrettanto velocemente alla destinazione finale, ma chi vuole raggiungere velocemente il punto di arrivo di questo splendido percorso che è la vita?
Imparare dai propri errori e cambiare prospettiva
Ho avuto dei segnali che mi hanno fatto riflettere, ad esempio nel momento in cui spiegavo alla mia mental coach la mia insoddisfazione nel non aver chiuso subito un rapporto di lavoro con un mio manager. Avevo capito fin dal principio che la persona in questione non aveva idee, valori e visioni coerenti con le mie (e quindi con quelle della mia azienda); però ho aspettato oltre il periodo di prova di 4 mesi, e ho chiuso il rapporto dopo ben 14 mesi.
Avevo sempre valutato questa mia esperienza come un evidente errore fino a quando proprio la mia mental coach ha chiuso una nostra sessione con un interrogativo. “E se questo episodio fosse espressione della tua esigenza di dilatare le tempistiche, del patto che hai fatto con te stesso di imparare ad aspettare?”.
Credo sia proprio andata così e lo vivo quotidianamente in altre situazioni.
A volte mi alzo più tardi, cosa che prima non ero abituato a fare, perché mi sentivo in ritardo con gli impegni giornalieri.
Un giorno, erano le 8:00, e mentre mi facevo la barba allenavo il mio inglese ascoltando la BBC alla radio fino a quando il giornalista inglese ha esordito con un “Good Morning, it’s 7:00 o’ clock”.
In quel momento ho avuto una sorta di illuminazione: ero in ritardo secondo il mio orario abituale, ma se solo mi fossi pensato a Londra o in un altra città, come spesso mi accade durante l’anno, non sarei stato in ritardo, anzi.
Tutto si sta facendo più chiaro e sta producendo un cambio di visione che credo possa essere determinante per il mio futuro come persona e come professionista.
Il tempo è una convenzione
Il tempo non esiste in natura, un albero non sa che ore sono, un gatto risponde a bisogni fisiologici ma non sa che ore sono.
Siamo noi, esseri umani ritenuti più intelligenti (ma davvero??) a rovinarci la vita con il tempo e soprattutto con l’idea di scarsità del tempo che ci porta a vivere tutto di fretta, ad accelerare qualsiasi processo dato che per definizione di tempo ce n’è poco.
Attenzione hai già 40 anni e devi fare per forza un figlio. Ma chi lo dice che è tardi? Ma chi dice che devo farlo per forza?
In realtà di tempo ne abbiamo quanto ne vogliamo se puntiamo a valorizzarlo, a viverlo anziché ad attendere che passi. Basta sintonizzarsi ognuno sulla propria frequenza piuttosto che vivere sulle frequenze altrui.
Ultimamente nel mio feed Instagram ho letto una frase che mi ha emozionato: tutti vogliono allungare il tempo, ma bisognerebbe imparare ad allargarlo.
Tra l’altro i recenti studi di fisica quantistica dimostrano abbastanza chiaramente l’esistenza di multi dimensioni spaziali e temporali, dimostrando chiaramente che quanto conosciamo dei concetti di spazio e di tempo sia arbitrario e limitante.
Credo che il rapporto con il tempo sia una delle chiavi per il successo di uno Sport Trader e che imparare a vivere sulla propria personale frequenza sia fondamentale per il proprio successo.
È tutta questione di tempo, ma di tempo individuale perché anche breve termine e lungo termine sono concetti arbitrari se slegati dal flusso della propria energia.
Alla fine diventa più facile prendere decisioni, più facile attendere l’occasione giusta ed è più facile avere una visione orientata al futuro, con la consapevolezza che di tempo ne abbiamo, sempre e comunque.
Davide Renna è un imprenditore ed esperto di trading sportivo, dedicato a promuovere la crescita finanziaria e l’innovazione.
da Davide Renna | Dic 28, 2023 | In evidenza, Mindset
Avrei potuto abbracciare molte attività diverse dallo Sport Trading. Sulla base dei miei interessi e delle mie competenze.
Avrei potuto essere un buon Manager all’interno di un’azienda di medie dimensioni. Avrei potuto essere (forse) un imprenditore migliore se avessi barattato la mia carriera imprenditoriale con la mia libertà. Avrei potuto essere (forse) un imprenditore diverso se avessi vissuto a New York durante la mia adolescenza.
In altri tempi forse avrei anche potuto fare l’alchimista, perché no? Mi ha sempre affascinato l’idea di combinare diversi ingredienti per creare una formula unica.
Invece ho scelto lo Sport Trading.
Perché proprio una disciplina poco riconosciuta, percepita alla stregua di comune gambler (gioco d’azzardo), assolutamente rischiosa e snervante? Perché proprio lo sport trading?
La passione per il Calcio come motore per il mio lavoro
Inizialmente pensavo fosse la passione per lo Sport e per il Calcio. Senz’altro in parte è stato così, ma è interessante capire se sia stato ‘solo’ così.
Ho già sottolineato che considero fondamentale valorizzare i propri interessi e cercare di coltivarli in ogni modo possibile.
La mia passione per il Calcio è testimoniata dalla quantità sempre crescente di palloni, di tutte le forme e colori, che circolano per casa mia. Tra un palleggio e un altro, questi importanti cimeli minano costantemente l’integrità di vetri, soprammobili e del mio rapporto matrimoniale.
Nel momento in cui scrivo, però, sono trascorsi più di 20 anni da quando ho mosso i primi passi nel mondo del Trading. E già 9 anni dall’inizio del mio percorso professionale, segnato dal trasferimento in Slovenia del 2014.
Mi domando come sia possibile che un interesse rimanga così forte e costante a distanza di tanto tempo. Si, amo il calcio, ma così tanto da scegliere addirittura un percorso professionale per tenerlo vicino?
Credo ci sia più di una semplice, seppur importante passione.
La crescita personale come motore per il lavoro
Mesi fa ho letto un libro molto interessante, Il Buddha e Lo Sfrontato di Vishen Lakhiani. Un testo che ho trovato denso di spunti e significati. Non solo in ambito imprenditoriale, ma anche e soprattutto per lo sviluppo individuale.
Tra i tanti concetti interessanti, uno mi ha colpito particolarmente: “il lavoro è il laboratorio principale per la crescita personale”.
Ecco, credo che il mio intero percorso professionale, e in particolare l’attività legata allo Sport Trading, sia stato e sia tuttora esattamente questo. Un laboratorio in cui quotidianamente potermi mettere alla prova e in cui trovare ogni giorno nuove opportunità per sperimentare e migliorare.
Come Trader, ogni giorno mi confronto con sfide, obiettivi e traguardi che mantengono alto il mio interesse e stimolano il mio impegno. Sia di breve sia di lungo termine.
D’altronde cos’è il successo se non fare quello che ti piace e che ti permette di crescere continuamente?
Mindset e Sport Trading sono legati a doppio filo
Ritengo che lo Sport Trading sia un’attività in cui il successo è legato più allo sviluppo di un Mindset che ad una strategia. Direi in un rapporto di 80% per il Mindset e la crescita personale, e di 20% per la strategia.
Proprio per questo motivo sottolineo sempre la centralità della dimensione psicologica per lo sviluppo della professionalità del Trader.
Einstein sosteneva: “Tutto è energia e questo è tutto quello che esiste. Sintonizzati alla frequenza della realtà che desideri e non potrai fare a meno di ottenere quella realtà. Non c’è altra via. Questa non è Filosofia, è Fisica.”
Sia chiaro, non credo assolutamente che basti solo questo: per essere un ottimo Sport Trader sono tanti gli ambiti legati al Mindset e alla Psicologia sui quali è necessario lavorare.
Ma sottolineo che lavorare in questo settore mi ha permesso di studiare, sperimentare e concretizzare tanti insegnamenti affini alla teorizzazione di Einstein.
Inoltre, senz’altro lo sviluppo di un buon Mindset non basterà a chi vuole oggi cominciare da zero, nel senso che sarà una base di partenza e non di arrivo. Non da solo, almeno.
Al contrario, sarà senz’altro determinante per chi è già professionista e vuole incrementare il suo livello di performance.
Per me lo Sport Trading è stato infatti un’opportunità di lavoro, ma anche una chiave di accesso per conoscere un mondo fantastico legato alla crescita delle proprie facoltà psicologiche e personali.
Altri settori, fortemente legati all’azione e all’operatività non mi avrebbero permesso di sperimentare.
Davide Renna è un imprenditore ed esperto di trading sportivo, dedicato a promuovere la crescita finanziaria e l’innovazione.