FOMO e Trading: la mia sfida

Davide Renna

L’attività di un trader è una continua lotta contro se stessi e, letta da un altro punto di vista, una sfida continua a una maggiore comprensione di se stessi, al superamento dei propri limiti e quindi alla propria crescita.

Succede quindi che dopo 23 anni di attività, di cui 9 da professionista, sono riuscito finalmente a comprendere e a dare un nome a un problema rilevante che limitava le mie performance: la FOMO

Cos’è la FOMO

“FOMO” è un acronimo che sta per “Fear Of Missing Out” (paura di perdere qualcosa). 

Si riferisce alla sensazione di ansia o preoccupazione che si prova quando si pensa che gli altri possano godere di esperienze o opportunità che uno stesso sta perdendo, generando un forte desiderio di partecipare a tali eventi o di ottenere simili opportunità. 

Il termine FOMO è stato introdotto per la prima volta nel 2004 e si è diffuso soprattutto con l’avvento dei social media e della cultura digitale.

Come si manifesta nel trading

La FOMO è una sensazione comune nel trading e negli investimenti. Si manifesta quando un trader o un investitore vede un’opportunità di guadagno e teme di perderla se non agisce immediatamente, anche se non ha ancora fatto un’analisi approfondita del mercato o della situazione.

Nel trading, la FOMO spinge molti trader a prendere decisioni irrazionali, come entrare in una posizione solo perché vedono il prezzo salire rapidamente o rimanere in una posizione a lungo anche quando i segnali indicano che è il momento di uscire. 

Questo comportamento può portare a perdite significative e danneggiare la strategia di trading a lungo termine.

Da dove nasceva questo problema?

Spesso la consapevolezza di un problema, il saperlo riconoscere, circoscrivere e dargli un nome è già gran parte della soluzione.

In filosofia esiste a tal proposito un principio, chiamato “Sei Sai” che si riferisce proprio a questa situazione: “Se tu sei qualcosa, non sai che lo sei. Se tu sai che sei qualcosa, tu non lo sei più”.

Da questo punto di vista quindi, sapere di avere questo problema ha già influito in modo importante alla sua risoluzione.

Ogni problema tuttavia ha una radice, spesso differente per ciascuno di noi, in quanto legata al proprio vissuto e al proprio sistema di credenze.

Nell’ultimo periodo ho cercato quindi di approfondire la radice di tale problema, radice che ho identificato in 2 specifici miei “falsi” belief.

Il termine “belief” in inglese può essere tradotto in italiano come “credenza” o “convinzione”. In generale, si riferisce ad un’idea, un’opinione o una convinzione che una persona ha riguardo a qualcosa o qualcuno. 

I belief possono essere influenzati dalle esperienze passate, dalle informazioni che si possiedono, dalle opinioni degli altri, dalla cultura, dalla religione, e da molti altri fattori. 

Essi possono essere positivi o negativi e possono avere un impatto significativo sul comportamento e sulle decisioni di una persona. 

Spesso i belief sono convinzioni limitanti ereditate dal proprio sistema educativo, culturale ed esperienziale.

Nello specifico mi sono accorto di avere due convinzioni completamente errate:

1. Ho poco tempo a disposizione

La mia prima convinzione limitante era legata alla mia personale concezione del tempo. 

Da sempre vivo a tutta velocità, e questo modo di vivere, unitamente alla sensazione del tempo che passa, mi stava portando ad accelerare tutti i miei processi (compresi quelli decisionali) con un conseguente calo della qualità del singolo processo.

In realtà non è affatto vero: credo che ognuno di noi abbia una notevolissima quantità di tempo, che spesso utilizza male. Mi è bastato soltanto fermarmi, respirare, eliminare le dispersioni, per capire che il tempo non è affatto un problema. 

Ne ho molto, quindi posso attendere la giusta opportunità.

2. Le opportunità vanno colte quando si presentano

Un’altra convinzione limitante era legata al carattere effimero di ciascuna opportunità. 

Avete presente il classico proverbio “i treni passano una sola volta”?

Credo che questo proverbio abbia pesantemente condizionato le mie decisioni, a volte in modo positivo ma a volte anche negativamente.

La realtà che sto via via scoprendo è che, se è vero che il singolo treno passa una volta soltanto, è anche vero che viviamo all’interno della più grande stazione esistente, dove quotidianamente passano migliaia di treni, tutti diversi ma tutti bellissimi.

Quello che sto scoprendo è che un’opportunità non va colta soltanto perché sta passando, ma perché per me è il momento giusto di coglierla, perché io sono pronto a coglierla.

E questo dipende da tanti fattori, non solo dal fatto che l’opportunità sta passando davanti ai miei occhi.

Sto addirittura sperimentando con notevole soddisfazione il principio opposto: quando io sono pronto, allora l’opportunità giusta mi passa davanti, coerentemente con il principio di attrazione e legge della risonanza di cui il mondo è pieno di esempi concreti.

Anche in relazione ai belief vale il principio che ho espresso in precedenza, ovvero che la consapevolezza è già gran parte della risoluzione.

Il belief è un pensiero, e come tale può essere eliminato e sostituito con pensieri non limitanti e potenzianti.

Ecco le mie 2 nuove convinzioni potenzianti che hanno sostituito quelle precedenti.

  1. Ho tutto il tempo che desidero
  2. Ogni giorno passano tante opportunità, ne coglierò una quando mi sentirò pronto

Prospettiva e azioni: come sono riuscito a cambiare mindset

Modificare il mio pensiero è stato quindi molto importante, anche se è stato solo il punto di partenza.

Un cambio di mentalità infatti è secondo me inutile senza un piano d’azione che confermi il cambio di paradigma e che aiuti concretamente nella quotidianità.

Ho iniziato quindi a cambiare prospettiva relativamente ai miei obiettivi, spesso grandi, ambiziosi e stimolanti ma che altrettanto spesso causa un’insoddisfazione cronica e pericolosa.

Ho deciso quindi, coscientemente e razionalmente, di non voler più perdere alcun singolo dettaglio del presente in nome di un futuro migliore.

Tutto quello che possiedo è meraviglioso ed è assolutamente abbastanza: il mio tempo libero, il mio lavoro, la mia famiglia, il luogo dove vivo. Non manca nulla.

Spesso pensiamo a quello che vorremmo in più e di diverso svalutando o non valorizzando quello che già abbiamo. E questo è un rischio che non voglio più correre.

Ho inoltre programmato 3 azioni concrete per rendere efficace il mio divincolarmi dalla morsa della FOMO:

1. Ho allargato l’orizzonte temporale

Solitamente misuro le mie performance in unità di misure ridotte: il giorno, la settimana, il mese e la stagione (9 mesi).

Ho quindi deciso di continuare a misurare queste performance considerandole performance intermedie di un progetto più lungo di durata triennale.

Allungare l’orizzonte temporale su cui spalmare i miei obiettivi mi aiuta a rallentare e a non “costringermi” per forza a cogliere una determinata opportunità.

Praticamente ho costretto il mio cervello a pensare di “avere tanto tempo”.

2. Ho diminuito il fabbisogno economico

Non sono mai stato un grande risparmiatore, essendo sempre stato concentrato sulla massimizzazione dei ricavi, delle relative entrate economiche e degli investimenti da pianificare.

Questo tuttavia creava una crescente voglia e necessità di aumentare i ricavi e quindi il “dover” cogliere tutte le opportunità che mi si presentavano.

Recentemente ho scoperto il mondo relativo all’ottimizzazione, al contenimento dei costi e delle spese superflue, che di fatto ha diminuito il mio fabbisogno economico, con notevole beneficio a livello di mindset.

Inizialmente temevo il fatto che un minor fabbisogno facesse scendere il mio livello di motivazione (“non devo per forza guadagnare, quindi non ho lo stimolo per massimizzare le mie performance”) ma anche qui ho trovato la stimolazione ideale: miglioramento, crescita e massimizzazione delle performance come risposta al mio desiderio di essere sempre più bravo nel mio lavoro. 

Quindi il profitto come conseguenza dell’essere bravo e non come stimolo ad una necessità, un grande cambio di paradigma.

3. Ho affinato i criteri di selezione

Quante opportunità sono percepite come tali senza esserlo davvero?

Questo è il pensiero che ha mosso il percorso di affinamento dei criteri di selezione dei miei movimenti e che mi ha aiutato a percepire come “non opportunità” eventi che non fossero in linea con tali criteri.

Il rischio era quello di avere maglie larghe di selezione, fidandosi della mia abilità nel valutare singolarmente le mie decisioni, e quindi di avere ampie possibilità di percepire una mancata selezione come opportunità persa.

Oggi se un evento non rientra in questi criteri è percepito come “non rientrante nei criteri” , una motivazione sicuramente migliore e meno compromettente a livello di mindset rispetto alla sensazione di avere perso un’opportunità.

In conclusione: 2 nuove condizioni potenzianti, 1 nuova prospettiva e 3 nuove azioni. Da qui parte la mia sfida a questa infida problematica che rischiava di depotenziare i miei risultati e destabilizzare il tanto prezioso equilibrio psicologico che ogni trader deve custodire come il bene più prezioso.

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